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La pallida libertà delle democrazie.

di Massimo Chiucchiù

In questo intervento scrivero’ della profonda crisi in cui versano le rappresentanze
parlamentari in molti paesi del mondo, ed in vista di un prossimo collasso ecologico
causato dal riscaldamento globale e dall’inquinamento, a cui politica e tecnologia
non hanno saputo dare risposte, mostrero’ il ruolo negativo del Potere come
paradigma di una societa’ in crisi che potrebbe trovare riscatto attuando i principi
dell’ecologismo anarchico di stampo libertario.

In qualsiasi direzione volgiamo il nostro sguardo, dall’America Latina, all’ Africa ,
ad Honk Kong, in Libano cosi’ come in Europa, assistiamo a continue contestazioni
delle classi politiche dominanti, non tanto o non solo in chiave economica, come poteva
succedere normalmente nel secolo passato, ma secondo una matrice che contesta la
messa in pericolo della liberta’ individuale e del diritto negato a partecipare alla
vita pubblica al di fuori degli schemi mainstream messi in atto dai media di “regime”,
come le tv di stato o i giornali foraggiati sempre da lobbies strettamente collegate alle
classi dominanti. In Libano , per esempio, è scoppiata una mezza rivoluzione a causa di
una tassa apposta sulla messaggistica istantanea watshapp a carico dei fruitori;
od ancora, abbiamo sotto gli occhi i continui scontri ad Honk Kong, dove i giovani
universitari difendono con le unghie e con i denti gli ultimi rimasugli delle libertà
personali strangolati da un regime che somma in sè tutto il peggio del marxismo
condito da un neoliberismo selvaggio che vede nel lavoro l’unico sbocco per realizzare
una vita degna. Ed ancora, i ragazzi di piazza Tarhir,al Cairo, che contestano quella falsa
democrazia parlamentare che nasconde una vera e propria dittatura militare, che fa tanto
comodo all’Occidente. In Europa abbiamo tanti esempi, specialmente nei paesi latini,
come Podemos in Spagna, Le Camicie Gialle in Francia, Cinquestelle e “Sardine” in Italia.

La manifestazione delle sardine in piazza verdi davanti al treatro Massimo, Palermo, 22 novembre 2109. ANSA/IGOR PETYX

Il movimento delle Sardine ne e’ un esemplificazione plastica: nati dalla messaggistica
della rete internet, si radunano nelle piazze delle nostre citta’, senza alcuna bandiera
politica, per il piacere di ritrovarsi insieme fisicamente, per contarsi, per ribadire che
non accettano le narrazioni catastrofiste e minacciose dei politici, sempre impegnati
in una continua campagna elettorale e mai ad occuparsi dei problemi per cui sono stati
eletti, in un continuo rimando tra aspettative neglette e problemi irrisolti.

Quindi si puo’ dire che c’e’ un vento nuovo che scuote i palazzi del potere di
Washington, Roma, Parigi, Il Cairo, ed e’ il vento della contestazione delle rappresentanze
democratiche. Le persone non accettano piu’ le narrazioni e le ricette politiche che le
classi dominanti corrotte e colluse ci propinano tutti i giorni per conservare il loro potere.
Questa crisi di rappresentanza ha origini molto lontane nel tempo.

Quando, in seguito alla Rivoluzione Francese, nel diciottesimo secolo nacquero le ideologie
politiche che contribuirono alla formazione dei moderni stati europei, si era convinti che le
sorti della storia fossero indubitabilmente destinate a migliorare le condizioni di vita dei
popoli. L’deale socialista privilegiava l’uguaglianza, le pari opportunita’ per i cittadini, così
come l’ideale liberista gli contrapponeva la liberta’ dell’individuo.
La via anarchica era la piu’ completa ed anche la piu’ solida filosoficamente: per l’anarchismo
tali valori sono del tutto inscindibili e non possono che darsi contemporaneamente. Non vi
può essere libertà senza uguaglianza nè uguaglianza senza libertà. Ma ciò che soprattutto
lo distingue dalle altre dottrine politiche è che per l’ Anarchismo non esiste un’ umanità
astratta, che invece è rilevante nelle analisi delle tesi socialiste o liberali, ma esistono i singoli
uomini concreti, con le loro istanze e con le loro competenze.
Il pensiero anarchico, pertanto, diversamente dalle altre dottrine politiche, non ritiene di aver
compreso per via filosofica la natura dell’uomo e non si considera legittimato a prescrivere un
codice morale, un’etica di comportamento che implichino diritti e doveri uguali per tutti.
Nell’anarchia e’ di fondamentale importanza l’autodeterminazione dell’individuo, che è unico
e diverso da tutti gli altri, è il suo totale diritto di scelta, di consenso, di rifiuto.
Una filosofia della libertà.
Non tragga in inganno questa conclusione, perchè l’ anarchismo non deriva da riflessioni astratte di qualche intellettuale e filosofo, ma è un pensiero che si nutre di azione, di impegno, legato strettamente alle vicissitudini proprie e delle persone della comunita’ di cui si fa parte.
Bakunin o Kropotkin non inventarono il pensiero anarchico, ma lo scoprirono nelle masse oppresse e sfruttate, chiarendole e divulgandole.

Ma la storia, come sappiamo, ha seguito un altro corso rispetto alle speranze libertarie. Gli anarchici sono serviti a sparigliare le carte, essendo i più motivati nel cercare il cambiamento, per poi essere abbandonati o traditi , come è successo nell’Ucraina di Nestor Machno, nella Catalogna repubblicana del 1936 fino ad oggi con il tentativo nel Rojava curdo. Non realizzandosi mai nella pratica storica l’ideale anarchico, nell’ opinione pubblica il termine Anarchia viene sempre definito sinonimo di caos, confusione, disordini, violenza. La martellante campagna denigratoria dei marxisti all’alba della scissione tra Marx e Bakunin nel 1872, ed eclatanti attentati compiuti a cavallo del 1900 ,come il regicidio dello zar Alessandro II di Russia nel 1881, o quello Umberto I di Savoia nel 1900 per mano di Gaetano Bresci, i cosidetti tirannicidi come atti simbolici della strategia di lotta anarchica, dettata chiaramente dalla violenza dei regimi dell’epoca, hanno fatto il resto, rendendo negletta ed antisociale qualsiasi iniziativa libertaria.
Eppure nel farsi della storia, nel cambiamento intervenuto nelle società Occidentali, nelle
migliorate condizioni economiche di larga parte dei cittadini dei paesi più evoluti, nel riconoscimento dei diritti individuali e nel ripudio delle discriminazioni riguardanti il genere, l’orientamento sessuale, il credo religioso, dicevamo in questa eco si rintraccia il rispetto anarchico per ogni singolo individuo della società.
Ma ciò non è sufficiente. Il grande nemico dell’ Anarchia è il potere. Potere che nelle democrazie è declinato come quello di una maggioranza su una minoranza. Ci siamo abituati, quasi come un cambiamento antropologico, a dar credito all’ idea che i rapporti tra persone siano da sempre mediati e basati sul potere dell’uno sull’altro.
L’ etimologia della parola è molto chiara e si può ricondurre al verbo latino Poteo, che indica la capacità di fare qualcosa.Nel tempo e nella consuetudine ha assunto l’accezione di capacità di imporre il proprio volere a qualcun’ altro, secondo un’ottica di responsabilità paternalistica data dalla radice “Pa”.
Il potere così enunciato ci ricorda in continuazione il fatto che l’individuo che gli si assoggetta vivrà sempre una condizione di subalternità quasi infantile, impossibilitato a qualsiasi percorso di crescita e miglioramento, negando alle radici la possibilità di farsi uomo tra uomini.
Se iniziassimo a cancellare parole come potere, autorità e le sostituissimo con il termine autorevolezza, (autorevolezza, dal latino gravitas, si basa su una qualità riconosciuta a chi, dimostrando un atteggiamento partecipativo piuttosto che direttivo, ha la capacità di coinvolgere gli altri e influenzarne i comportamenti)
la stessa che in società arcaiche si attribuisce per esempio agli anziani o ai più esperti, noteremmo che una società senza potere e con un governo condiviso è possibile.
Non è possibile, invece, una società senza leggi, ma quest’ ultima non sarebbe neppure etimologicamente anarchia, quanto piuttosto Anomia, assenza di norme.

Gli anarchici insistono molto su questo punto, perchè si rendono conto che il potere, con i suoi cascami avvelenati, come violenza, invidia, intolleranza, individualismo, instaura un danno, un vulnus, che modifica radicalmente i rapporti di aggiustamento naturale (ordine naturale) a cui tendono le forme di organizzazioni sia biologiche che culturali (come le società).
Hobbes non avrebbe scritto nel Leviatano la famosa invettiva homo homini lupus se fosse stato a conoscenza delle scoperte successive in campo biologico antropologico, sociologico, psicologico, in cui in Natura si delinea il principio paradigmatico della collaborazione come principale forma di strategia di sopravvivenza.
La stessa Teoria dell’Evoluzione ha subito, nel Neodarwinismo, sostanziali modifiche che hanno di molto attenuato la perentoria affermazione della sopravvivenza del più adatto. Senza troppo allargare i confini del ragionamento, l’ uomo, come altri primati, è essere sociale e realizza il suo sè più profondo nelle relazioni con gli altri simili in armonia con l’ambiente.
Quali altre prove dobbiamo ancora accumulare dopo i dati sull’ inquinamento naturale, sul riscaldamento globale, sulle violenze che imperversano in società troppo competitive, oppure l’isolamento dei giovani hikikomori, specchio di un patologico isolamento a cui siamo tutti costretti da società spersonalizzanti, dicevo quante prove dobbiamo ancora accumulare per concludere che viviamo in una società sull’ orlo di un implosione senza rimedio?
Il mondo non deve essere regolato da una serie di apparati burocratici nè da istituzioni sociali, portatrici di logiche di potere, ma da comunità radicate nel territorio e dalla collaborazione reciproca. L’Anarchismo esige una disciplina dura, ma è una disciplina serena perchè non demanda a funzionari ed è attivata dalla forza della persuasione, dalla convinta adesione al principio di giustizia sociale.
Pur essendo per definizione ideologia sincretica, cioe’ in cui tutti i valori di libertà, uguaglianza, diversità, solidarietà, si tengono insieme come valori inscindibili, l’Anarchia oggi, a mio parere, presuppone come preminente il concetto di libertà, perche’ e’ il principio irriducibile nel tentativo di oltrepassare le logiche del potere di qualsiasi governo.
Per questo motivo il Libertarismo americano, molto piu’ dell’Anarchismo europeo, corroborato dal pensiero del suo padre nobile David Henry Thoreau, risulta essere piu’ prodigo di proposte innovative, rispetto all’asfittico dibattito che caratterizza oggi il panorama europeo, da tempo ostaggio dell’impostazione preminentemente economica in merito a logiche di uguaglianza e solidarietà. Abbiamo gia’ scritto sul tentativo di Murray Bookchin di chiarire i profondi legami
tra ecologia e libertà, cosi’ come scrivemmo sulla proposta di Paul Goodman e dell’approccio gradualista.

Certo, altre proposte appaiono sospette come quelle del Libertarianismo di Murray N. Rothbard, ma rimane il fatto che la scena libertaria americana e’ risultata molto più feconda di quella europea, considerando anche l’influenza che le sue idee hanno avuto nella cultura underground americana, nei poeti e scrittori della beat generation ed anche nelle proteste del 1968 che hanno avuto inizio nelle università americane.
Thoreau e’ famoso soprattutto per due libri: Walden, vita nel bosco e Disobbedienza Civile, in cui l’autore spiega che i cittadini non devono obbedire al loro governo se sono profondamente contrari alle sue politiche. La visione di Thoureau del rapporto dell’uomo con la natura e del cittadino all’interno della società si è fortemente inserito nell’ immaginario collettivo americano,
lo stesso del mito della frontiera e dell’autodeterminazione.
La disobbedienza come atteggiamento passivo di protesta, insieme alla non collaborazione, sono principi che hanno profondamente influenzato anche grandi pensatori come Lev Tolstoj o Ghandi, introducendo nelle pratiche libertarie il concetto di nonviolenza,
su cui nell’anarchismo europeo si è poco dibattuto, eppure cosi’ preminente riguardo alle logiche di libertà.

Libertà va cercando, ch’è si cara, come sa chi per lei vita rifiuta(Dante: canto primo Purgatorio)

Chissà se queste folle di giovani che protestano in ogni parte del mondo, per i motivi all’apparenza più disparati, non siano intimamente uniti dalla ricerca di libertà cosi’ poeticamente tratteggiata del Sommo Poeta. Il dubbio sulle loro istanze pare lecito . Sembra che più che desiderosi di autodeterminazione siano impegnati a chiedere qualche forma di elargizione, senza mettere in discussione il rapporto di potere Governo-cittadino, identificato in una burocrazia pervasiva ed onnipresente. Bisogna operare un distinguo in merito ai “Friday
for Future” di Greta Thumberg, impegnati formalmente ma anche praticamente in azioni volte ad evitare spreco ed inquinamento, che sono la cifra di questa falsa civiltà opulenta. Comunque se son rose fioriranno, gli autentici libertari hanno il dovere di crederci, e’ più giusto credere in un’utopia che in un mondo distopico in cui non si riesce a riconoscere l’altro da noi.

L’italia e il muro mai caduto.

Di Massimo Chiucchiu’

Si e’ festeggiato questi giorni il trentennale della caduta del Muro di Berlino, tante cerimonie si sono succedute nei vari paesi europei per commemorare questo evento che e’ stato determinante per tracciare un “prima di ” e un “dopo di”. E’ chiaro che le vicende che hanno portato all’attuale conformazione politica continentale, l’assetto della Comunita’ Europea, i rapporti con la Russia attuale, vedono la loro genesi in quel lontano evento che scosse alle fondamenta gli equilibri geopolitici in cui era ingessato fino ad allora il Vecchio Continente. La democrazia di stampo anglosassone, quella che prosperava in Inghilterra e negli Stati Uniti, pote’ quindi dispiegarsi in tutta la sua persuasione in tutti i paesi oltre
la “cortina di ferro”, cosi’ come dilagava nei Balcani in ogni angolo di Europa che chiedeva a gran voce la “democrazia parlamentare”. Certo, ogni paese l’ha declinata alla sua maniera, con forze politiche che hanno fatto del trasformismo un punto di forza, ritrovandosi al potere con bandiere diverse ma tante’, quello che qui interessa e’ capire che si seguiva l’esempio dell’organizzazione parlamentare anglosassone , in cui da sempre si affrontavano nelle competizioni elettorali due forze contrapposte,detentrici di istanze affatto complementari, i conservatori, che propugnano il paradigma della liberta’ individuale come condizione originaria della societa’, e i laburisti o socialdemocratici che propugnano il paradigma dell’uguaglianza dei cittadini e delle identiche possibilita’ per tutti.
Questa schematica differenziazione ha fatto si’ che l’alternanza delle due forze sopraddette garantisse quell’equilibrio in cui le forme di democrazia moderne possano sopravvivere e prosperare. Oggi si vedono i risultati di queste istanze, con i grandi progressi fatti da molte nazioni dell’est Europa, sia in campo sociale ma anche economico. Tutto bene? Non proprio, perche’ tutto il sommovimento politico che ha portato alla situazione odierna manca di un protagonista di peso: L’Italia.
Si’ proprio il nostro paese, in cui sembra che il Muro di Berlino non sia mai caduto. Non siamo mai cambiati da allora, in politica come nel sociale. Nel sociale la pratica piu’ diffusa e’ legata al familismo e al nepotismo, mali atavici soprattutto al sud, che portano corruttela e malversazioni. In campo politico il collasso della Democrazia Cristiana, il partito che ci ha portato fuori dal dopoguerra, ha lasciato il posto a a formazioni di centro-destra e centro-sinistra il cui scopo principale e’ quello di denigrarsi a vicenda, e la cui pratica politica e’ quella di cancellare, una volta al potere, le leggi del precedente governo di segno opposto. Un esempio e’ dato dai numerosi cambiamenti legati al mondo del lavoro o l’accesso alla pensione. Lo stato emana una pletora di leggi, che rendono ingestibile l’elefantiaca macchina della burocrazia che rischia di collassare su se stessa portandosi dietro l’intera struttura dello stato Italiano. Invece che stabilire un chiaro orientamento per il bene comune, valido
per tutti gli attori politici e che abbia una visione di futuro, a lunga scadenza, poi declinata magari secondo le istanze della compagine risultante vincente ad una tornata elettorale, ci si accapiglia in continuazione seguendo solo logiche di propaganda elettorale. E’ facile quindi che volino contumelie del tipo “sei un fascista, un razzista, un comunista, un ebreo, un terrone”, senza che tutto cio’ possa risolvere pragmaticamente alcun problema.
Tutto questo perche’ succede? Perche’ le compagini politiche in Italia non riconoscono
l’autodeterminazione dell’oppositore politico? Perche’ il tuo contrario e’ visto come un nemico,
e non magari come un avversario?
In Germania, paese a noi simile per le note vicissitudini politiche legate all’avvento di un dittatore che prese addirittura esempio da Mussolini, si e’ fatta una profonda autocritica riguardo le drammatiche vicende storiche che portarono allo sterminio degli Ebrei e alla guerra.
Questo in Italia non e’ successo, la nostra superficialita’ ci ha portato ad autoassolverci per i mali commessi come ci ha insegnato la Santa Madre Chiesa, in fondo per noi la colpa e’ sempre degli altri. E noi siamo sempre meglio degli altri. Abbiamo anche la costituzione piu’ “bella del mondo”, peccato che sia cosi’ poco realizzata, rimanendo poco piu’ che una pia speranza.
Specialmente la destra non ha fatto mai una completa abiura del fascismo, che,come un fenomeno carsico, si presenta ancora oggi in sembianze di piccoli partiti anche extraparlamentari. Anche fenomeni come i “populismi”, nati in funzione antiglobalizzazione, vengono tacciati come ideologie di destra molto pericolose, invise alle classi dominanti europee di Bruxelles. Questo lo ritengo un errore, facente parte di quel meccanismo descritto in precedenza. Si tratta di uno degli slogan piu’ usati dalle ” sinistre” in Italia per denigrare il nemico politico descritto come estremamente pericoloso.
Sinistra che confonde la Globalizzazione con il trionfo delle masse di marxista memoria, fatto con mezzi diversi. Mezzi che mettono in mutande l’artigianato e la piccola industria italiche, che rappresentano la spina dorsale del nostro benessere.
Anche le sinistre non hanno fatto i conti con la storia, coprendo in prima istanza le varie invasioni perpetrate dalla Russia durante la guerra Fredda, cosi’ come si ammantano oggi del silenzio riguardo le vicende di Hong Kong, Cuba o il Venezuela. Ma essendo piu’ attrezzate culturalmente, essendo stato il secolo Breve tutto un fiorire di concetti progressisti dovuti principalmente alla Scuola di Francoforte ( Adorno, Marcuse), riescono ancora a farsi sentire in Italia, ammiccando anche alle istanze dell’ apostolato ecclesiastico, alla disperata ricerca di nuovi credenti in ogni angolo del mondo.

E’ chiaro che queste istanze si saldano, per reciproco interesse,
con la grande onda della Globalizzazione, che era e resta un fenomeno di pura impronta economica.
Proprio questa mancanza di accordo su una visione futura comune per le sorti del nostro paese, questa continua guerra tra Guelfi e Ghibellini in ambito politico, con il trionfo delle mediocri consorterie politiche legate a filo doppio a lobby affaristico-economiche se non peggio, partoriscono specialmente a destra personaggi da cartone animato come Berlusconi o Salvini, e ci sorprendono sempre impreparati ai colpi di un mondo
multipolare, in cui la mediocrita’ della nostra classe politica non e’ piu’ confinata in una campana di vetro come al tempo del nostro protettore Americano (che prima della caduta del muro ci considerava strategici).
Non abbiamo piu’ santi in paradiso, ne’ lo stellone ci protegge piu’ come un tempo. Siamo uno dei tanti paesi che competono in un mondo sempre piu’ veloce e spietato, prima ce lo mettiamo in testa e meglio e’.
Anche la Comunita’ Europea non e’ piu’ (mai) stato quel materasso in cui pensavamo di cadere senza farci male; ci viene chiesto il conto delle nostre mancanze passate, ma con questa classe politica, ed accomuno tutti, non vedo alcun possibile contrappasso, ne’ alcun scatto di orgoglio.
Anzi, penso che destre e sinistre si nutrano del dilettantismo e impreparazioni dell’altra parte, come attori che svolgano parti in una commedia dell’Assurdo, in cui si e’ a seconda dei casi accusati o accusatori.
Il nostro paese si e’ infilato in un vicolo cieco in cui non esistono uscite, prevedo un declino sempre piu’ marcato, che coinvolgera’ qualsiasi settore e campo d’azione dello stato. Il mio consiglio e’ di creare una rete di rapporti che ricordino il mutuo appoggio di Kropotkiana memoria, tenendosi alla larga dalle burocrazie statali e cercando di non chiedere nulla alle entita’ territoriali statuali. Solidarieta’, empatia, minimalismo, vocazione ecologica, collaborazione saranno i capisaldi di questa non-societa’.

Per prima cosa non si dovrebbe piu’ andare al voto, facendo scendere la quota di partecipazione sotto il 50%, rimarcando come la democrazia abbia fallito il suo obbiettivo e non possa svolgere piu’ quel compito per cui era stata immaginata dai Padri Fondatori. Mentre il capitalismo e il comunismo hanno fallito miseramente il compito per cui erano stati creati, non si vede perche’ non si possa tentare una via anarchica delle societa’, che di tutte le ideologie provate dall’uomo e’ l’unica che cerca di temperare la liberta’ dell’individuo con il desiderio di uguaglianza e pari opportunita’ per tutti i cittadini. Oppure rimane solo l’esilio, la fuga, come stanno facendo migliaia di giovani che sperano di crearsi una vita migliore in un’altra parte del mondo.

Evoluzione gradualista.

Di Fernando Giannini

La lezione  di Albert Camus nel suo “L’uomo in rivolta” (ed Einaudi) ha il merito di essere stata prima ed illuminante.
Camus ebbe la capacità ma anche il coraggio, in anni in cui non essere rivoluzionari ed essere di sinistra appariva un controsenso, di affrontare la questione.
Da buon filosofo affrontò la materia alla radice, individuando quale fosse il nesso fra le rivoluzioni e gli autoritarismi, nesso che la storia dalla rivoluzione francese in sù aveva documentato.
Le rivoluzioni avrebbero avuto insita la logica del potere, con conseguenti sbocchi sociali di tipo autoritario o coercitivo.
Con Bakunin, che più che rivoluzionario era un rivoltoso, le cose cambiarono perchè alla base non c ‘era più la conquista del potere ma la distruzione dello stesso. E la conseguenza di ciò era la frammentazione dello stesso.
L’autogestione delle fabbriche o delle comunità rurali (in queste ultime l’autogestione era patrimonio millenario) era una conseguenza di questa linea di pensiero volta al rifiuto di qualsiasi potere centralizzante.
L’aggiunta di Camus a questo discorso è quella di riconoscere il valore della rivolta, che anche sembrando disordinata, non programmata, spontanea, emotiva è immune dalla vocazione concentrazionaria del potere.
In una società complessa come l’odierna la rivolta rimane una naturale espressione di stati d’animo individuali o collettivi. E sarà sempre chiaro dove sta il potere e che mezzi usa per sedare. In questo senso c’è chiarezza e coerenza.
Il valore della testimonianza, che è un concetto fattosi forte con il cristianesimo delle origini, non è materia da trattare con sufficienza.
E’ quello che rimane del proprio essere e delle proprie azioni, al di là delle vittorie conseguite.


Paul Goodman, sostenitore dell’Anarchismo gradualista.

E’ la mattonata che permette di camminare a chi seguirà.
Chiaramente tutto questo ha una logica controrivoluzionaria. E per me quest’ultima è una bella parola…
Il gradualismo può rappresentare la pratica politica di elezione.Il concetto è semplice: in una società complessa e variegata, con un potere sempre più concentrazionario e capace di controllare anche il tuo respiro può essere più proficuo lavorare ai fianchi il sistema puntando ad inserire elementi di libertarismo dovunque sia possibile.
L’innesto di forme di autogestione, la critica radicale al potere con la consapevolezza che esso rappresenta il tuo primo avversario, la testimonianza di modelli altri di vivere lavorare stare insieme etc, la partecipazione attiva attraverso la formazione di piccoli gruppi che attraverso la disomogenità arricchiscano il modello asfittico dominante. Essere in tanti e diversi è l’eredità dei nostri anni settanta, quando avevano diritto di esistere politicamente anche i singoli, vi ricordate i “cani sciolti”?
Mbeh.. ditemi quel che volete ma per me tutto questo e altro ancora è il gradualismo

Risposta di Massimo 12 settembre

Riporto dal blog Finimondo questo racconto che devi leggere e poi passo alla conclusione:

Lo ammetto, anch’io sono rimasto folgorato dalla ragazzina svedese con le trecce. Me ne sono innamorato quasi all’istante. La sua indipendenza nei confronti degli adulti, il suo coraggio nell’affrontare le forze dell’ordine, la sua sfida alle convenzioni sociali, la sua sfrenata voglia di vivere in un mondo favoloso che sia tutt’altro da quello cui purtroppo siamo tutti abituati, il suo amore per la natura… incantevole, davvero. Ecco perché trovo deprimente che la dolce e sorridente Pippi Calzelunghe sia stata oggi dimenticata a favore della pedante e corrucciata Greta Thunberg.
Pippi sapeva sparare con la pistola, Greta sa parlare ai vertici politici. Pippi aveva una tale forza da sollevare un cavallo, Greta ha appoggi tali da interessare i mass media internazionali. Pippi era figlia di un oscuro marinaio, Greta è figlia di celebri artisti. Pippi aveva al suo fianco il cavallo Zietto e la scimmietta signor Nilsson, Greta ha al suo fianco il pubblicitario Ingmar Rentzhog e l’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore. Pippi era in possesso di un tesoro pirata con cui soddisfare i suoi bisogni vitali, Greta è posseduta dalle start-up tecnologiche che devono soddisfare le proprie esigenze mercantili. Pippi ha incoraggiato generazioni di bambini a credere in se stessi e nei propri sogni più folli (vivere in libertà), Greta incoraggia le classi dirigenti a correggere se stesse per realizzare la propria ambizione più banale (salvare il capitalismo). Con il suo universo fiabesco Pippi la ribelle (ci) metteva al riparo dalla legge e dall’ordine, con il suo universo real-politik Greta l’attivista (li) mette al riparo dalla rivolta e dal disordine. Che abissale differenza!
Oggi in tutto il mondo si sono tenute manifestazioni di protesta contro il cambiamento climatico. È il venerdì per il futuro, l’idea ispirata da Greta (o da chi per lei) di uno sciopero globale a favore del clima. Ma qual è la causa principale del cambiamento climatico? L’attività industriale destinata alla produzione di merci e servizi. E chi compie, sostiene e finanzia questa attività? Piccole e grandi imprese, con il sostegno diretto dello Stato. È questa la ragione per cui tutti questi attivisti ambientalisti chiedono a burocrati e funzionari di promuovere leggi ed iniziative in grado di permettere lo sviluppo di un capitalismo verde e sostenibile? Perché, essendo loro i responsabili del cambiamento climatico in corso, spetta a loro risolvere i danni che stanno causando? Non è una richiesta più che logica, è una pretesa del tutto idiota. Chiedere allo Stato ed alla grande industria di abbassare drasticamente le emissioni di anidride carbonica è come chiedere ad uno squalo di ridurre drasticamente la sua ricerca di cibo. Lo squalo affamato di carne continuerà a fare strage di esseri viventi, così come il capitalismo affamato di profitto continuerà a saccheggiare risorse naturali. La soluzione non può arrivare da chi costituisce il problema.
Marciare in difesa del clima per chiedere alla classe dirigente una politica più ecologica non è che un’ottima ginnastica dell’obbedienza. Si muovono le gambe per affidarsi ai parlamentari, si agitano le braccia per dipendere dai ministri, si scrollano le teste per chinarle davanti ai governanti. Ci si mette in movimento, ma solo per prendere (e farsi prendere da un) partito. Mens servile in corpore sano. Ecco perché la pacifica e compita Greta è tanto apprezzata dai politici meno beceri e reazionari.
Io no, non la reggo. No, dico, volete mettere con l’altra ragazzina svedese, quella coi capelli rossi, quella che si veste in maniera trasandata, se ne frega di avere le lentiggini, porta scarpe di una misura cinque volte superiore alla sua e si eccita «all’idea di vedere l’isola Cip-cip; starsene distesi a riva e immergere gli alluci nel vero e proprio Mare del Sud, mentre basta sbadigliare perché una banana matura vi cada dritta in bocca»?

Dopo aver letto questo breve racconto mi rendo conto di quanto le “strategie” anarchiche
abbiano il fiato corto, non tenendo il filo del tempo,ma rivolgendosi ad un periodo, quello
ottocentesco,in cui ferveva un dibattito tra liberalismo, il cui paradigma era la liberta’
individuale, e il socialismo, con il suo paradigma di uguaglianza. L’Anarchismo aveva un
funzione quasi demiurgica, sincretica, perche’ superava le posizioni liberali e socialiste in
favore di una inscindibilita’ tra liberta’ e uguaglianza, facendo sintesi, come si dice oggi, di
due tendenze contrapposte nella pratica politica.
. Di qui, appunto, la natura sincretica dell’ideologia anarchica: appena si fa riferimento ad un valore, ad un concetto, immediatamente questo richiama tutti gli altri, e tutti non reggono, da un punto di vista anarchico, se non pensando l’uno in riferimento all’altro. Ecco perché l’anarchismo è un’ideologia carica di ‘esagerazioni’ . Tutto è esagerato, nell’anarchismo, perché tutto è necessitante: ogni valore è assunto infatti nella sua integralità effettiva e nella sua radicalità ontologica . La libertà, l’uguaglianza, la diversità, la solidarietà, i valori fondanti dell’ideologia, sono portate alla loro verità ultima” (21).(G.Berti)

Fallite le rivoluzioni, che hanno in se’ i germi di un nuovo dispotismo,come hai ben detto,
Anche il Gradualismo di impronta Goodmaniana non puo’ incidere nel corpo del Potere,
risultando quel “proficuo lavorare ai fianchi” da te auspicato una mera speranza vanificata,
scusami la metafora, dalla mancanza di questi fianchi del Potere,oramai virtualizzati in un
ologramma fatto di clik anonimi di una tastiera che sposta miliardi di euro da un capo all’altro
del mondo, senza confini e senza immaginare conseguenze.
Cosa rimane, se qualcosa rimane? Rimane la vitalita’ di Pippi, la sua allegria,il suo coraggio,
la sua gioia di vivere, che nessuno potra’ toglierle. Lei balla sulla tolda del Titanic, ma almeno
si sta divertendo.

Risposta di Fernando 13 settembre.

La risposta credo che sia: il cambiamento vero é sempre frutto di un lavoro lungo e paziente. In politica come in tutte le cose agire frettolosamente fa essere sbrigativi. Da l impressione di aver risolto per poi trovarsi peggio di prima. Quella critica radicale che massimo fa al sistema spesso conduce ad una passività sconfortata. Diceva massimo nell ultima riunione che il gradualismo non puo’ lavorare ai fianchi il sistema imperante perché l attuale capitalismo i fianchi non ce l ha. I fianchi ci sono sempre. Semmai manca la testa in questo sistema decerebrato che vertiginosamente si affretta a liquefare il pianeta. Dai ghiacciai in giu’.

Risposta di Leo Giovanni 13 settembre

Sono contentissimo che vi siete riattivati. Non condivido quello che dice massimo di greta. É una posizione teorica che rischia di andar via come il vapor acqueo. Son sicuro che massimo non sarà coerente con quello che scrive 24 H . Sarebbe depressivo . Incompatibile con la vita. Greta ci permette di toccare sentire e sperare. E di dare risposte. Ricordo un esperienza personale qui in puglia. A due passi dal paese nell 80 si era deciso di fare una centrale nucleare. La stessa il cui scheletro ancora si puo vedere a montalto di castro paesino di gente tranquilla semplice accogliente e credulona. Invece nei paesi del mio circondario bloccarono con i trattori all alba la superstrada un sindaco ed altri finirono in carcere per resistenza e si andò sul tg nazionale. I tecnici dell enel che venivano da Roma furono minacciati. Insomma si riuscì a ostacolare. Intanto a Montalto la si costruiva. Poi arrivò Cernobyl e non se ne fece più nulla con il refetendum. Oggi da noi c è una bella riserva naturale dello stato (torre guaceto ) in quel posto. A montalto c è uno scheletro orribile che vi invito a visitare e che ha rovinato tutto quel tratto di mare. A quei tempi c erano i cosiddetti sistemisti come fa massimo. Critica totale al sistema e passività inevitabile. Noi coglionozzi credevamo che si poteva fare qlcs e ci siamo riusciti ciao giovanni leo

Risposta di Carmela 14 settembre.

Guarda massimo chiucchiu: Se tu vivessi in sicilia potrei capirlo. Ma dove sei tu no. I siciliani sono maestri di critica totale al sistema e conseguente rifiuto. E infatti si lasciano andare ad un inerzia che si salva solo con il fatalismo. Chi vuol fare qui trova davanti un muro di gomma. Se organizzi dei gruppi su alcune tematiche c è una indifferenza quasi generale. L associazionismo é scarsissimo. Poi scopri che non vengono agli incontri perche sono stanchi, anche se nullafacenti. O preferiscono il dopocena davanti alla TV perche hanno l abitudine di mangiare troppo. Ma sono sempre pronti a rifiutare qualsiasi sistema. Inquesto humus la mafia ha avuto gioco facile. Spero che da voi sia diverso. Anche se mi dicono che siete ormai colonizzati in umbria dalla ndrangheta. Spero che ci sia gente solerte incazzata militante e con tanta voglia di incontrarsi. Saluti palermitani

Risposta di Fernando 14 settembre

democrazia:

«Il senso del voto democratico non è quello di fotografare la gamma delle opinioni quali si manifestano allo stato brado, bensì di riflettere il risultato di un processo pubblico di formazione dell’ opinione. Il voto espresso nella cabina elettorale acquista il peso istituzionale di una compartecipazione democratica solo in relazione ad opinioni articolate pubblicamente, formatesi attraverso la comunicazione e lo scambio di informazioni, motivazioni e posizioni pertinenti ai singoli temi». Habermas 2012

Quindi la democrazia diventa un atto formativo della singola persona. Attraverso il confronto la polemica lo scontro democratico per habermas il cittadino cambia, si trasforma in altro da prima.

Risposta di Roberto 20 settembre

sono felice che ci siamo riattivati è un importante momento formativo di cambiamento .continuiamo cosi

Risposta di Massimo 22 settembre

E’ ingeneroso, come constato dalle risposte riguardo alla mia presa di posizione nei
confronti di Greta Thunberg, definirmi disfattista e velleitario rispetto al rampante
cambiamento incarnato da questa paffutella scandinava, che attira, per naturale
empatia, le simpatie di tutto il mondo.Cercando di evitare le trappole semantiche
e certe naturali propensioni al cinismo, come il fatto che lei e i giovani del movimento
Friday for future possano essere manipolati da lobby ecologiste interessate a tutt’altro,
rimarcavo semplicemente il fatto che Greta si sta rivolgendo, nelle sue invettive, a quei
gruppi di potere mondiale come capi di stato, Onu, potentati economici, che oltre la
carezzina sulla testolina e qualche complimento di circostanza, non hanno alcun interesse
a recepire alcunche’ delle sue pur intelligenti prese di posizione.
Perche’?
Uno squalo per vivere ha bisogno di muoversi in continuazione, altrimenti annegherebbe.
La societa’ globalizzata e neoliberista ha bisogno di crescere per sopravvivere.
Niente crescita,niente sopravvivenza. Ma,mentre lo squalo, nell’equilibrio della Natura,
svolge un ruolo di spazzino, utile alla sua ed alle altre specie, la societa’ globalizzata e’ in
completo disequilibrio rispetto all’ambiente, seccandone tutte le risorse come un cancro
che aggredisce un malato.E non possiamo aspettarci alcuna soluzione dalla sua stupida
ancella, la tecnologia, che non e’ altro che la scienza che inventa “cose che funzionano”,
non avendo in se’ neanche l’anarchia della ricerca pura fine a se stessa.
Se dovessi dare un consiglio a Greta, in merito al riscaldamento globale e all’inquinamento del nostro pianeta, e’ quello di divulgare e fare da volano ad una forte presa di coscienza
su questi temi, accompagnato dall’esempio di una vita frugale francescana, con limitato
uso dei vari gadget elettronici, con tendenza all’impatto zero rispetto al consumo di fonti
energetiche tout court. Anche le cosidette energie rinnovabili, tanto amate dai pasdaran
ecologisti, hanno un forte impatto sul pianeta. Qualcuno ha visitato gli alvei dei fiumi
imbrigliati da dighe,condotte,prese d’acqua che convogliano verso le centrali idroelettriche?
C’e’ una perniciosa tendenza anche dai difensori della Natura a credere che la tecnologia
possa risolvere i problemi da lei creati. Ma la tecnologia e’ schiava dell’economia, non
esiste fuori da essa, e questo e’ il dramma dell’uomo.
Anche il tema di combattere per non fare costruire le centrali, come a Torre Guaceto,
mi lascia perplesso, a mio avviso si tratta di una guerra tra poveri, quello che ipocritamente
non si e’ costruito la’, magari si e’ fatto in altro luogo d’Italia. Onore alla furbizia e al levantinismo delle terre pugliesi, ma si ha lo stesso genere di soddisfazione del comune
di Salice d’Ulzio, comune denuclearizzato, a 100 km dalla centrale nucleare francese.
Sono belle soddisfazioni nascondere la polvere sotto il tappeto.

Per chi non e’ molto paziente minuto 7:23

Beh, all’epoca c’era molto nichilismo.

Mi piace immaginare che Pippi Calzelunghe avrebbe invece risposto:

“Io sono pronta a VIVERE…..ma non di noia.”

Crisi politica italiana e contesto storico.

Di Massimo Chiucchiu’

La crisi politica che ha investito il nostro paese rappresenta, non essendo ne’ la prima ne l’ultima possibile del mondo occidentale evoluto e affluente, rappresenta dunque l’utimo sbocco della crisi delle democrazie nate all’ombra del secolo breve e delle due grandi guerre mondiali.In sovrappiu’, alla crisi delle rappresentanze parlamentari europee ed americane, si accompagna la nascita di entita’ superstatali come la Comunita’ Europea che, in un paese
fragile istituzionalmente come l’Italia, fungono da volano per mettere a nudo le contraddizioni in cui si dibatte da sempre l’Italia.Se a tutto questo sommiamo il fenomeno economico paradigmatico chiamato globalizzazione, e’ chiaro che le antiche forme di democrazia appaiano fragili e lente di fronte al tumultuoso corso degli eventi che caratterizza lo scenario economico-sociale mondiale.In Italia, in particolare, il bizantinismo politico ha creato un terreno in cui le rappresentanze parlamentari hanno un forte carattere autoreferenziale, tutto volto al mantenimento dello status quo e al non risolvimento dei problemi sociali creati da loro e dalle scellerate politiche neoliberiste che oggi imperversano come linea comune delle economie di quasi tutti gli attori del teatro globale.
In questa cornice, nel nostro paese, che e’ bene rammentare essere un paese con limitata
autonomia politica dovuta agli scellerati esiti delle due guerre mondiali, si sono sempre
affrontate due tendenze politiche ben divaricate: l’impostazione neoatlantista a matrice
cristiana, ancorata ai valori delle democrazie anglosassoni declinata con i valori protestanti, inclusivi e compassionevoli, e l’altra tendenza legata alla matrice marxista e alla filosofia Continentale, con l’individuo schiacciato nelle prassi dello Stato onnipresente. Dalla coazione di queste imponenti forze ne e’ uscito uno Stato pletorico,iperburocratico,lontano ma oppressivo,inefficente per definizione,creatore di lavoro fasullo volto solo al mantenimento dell’imponente,elefantiaca macchina burocratica, in chiave di consenso elettorale.

La novita’ della crisi odierna e’ che certi ruoli standardizzati in passato, Occidente e Marxismo, burocrazia ed efficentismo, paiono mescolarsi e alle volte scambiare di ruolo, in una maionese impazzita che rende incerti gli elettori, alla costante ricerca della Nobile Figura che li possa condurre fuori dalle sabbie mobili dei tempi odierni. Parole d’ordine semplici ed efficaci,difesa del localismo, chiusura a qualsiasi novita’, fanno emergere personaggi come Trump,Putin Orban e da noi Salvini, che espletano questa esigenza degli spaventati elettori, che in quegli slogan reiterati ad libitum ritrovano quelle radici spazzate via dalla globalizzazione e dal nichilismo.
Beh, non ci voleva uno scienziato per capire che la globalizzazione avrebbe portato alle
odierne conseguenze, quando ad un tavolo si invitano tutti gli astanti, non e’ che i nuovi
arrivati si accontentano delle briciole che cadono dal tavolo. Di controcanto i marxisti come al solito scambiano lucciole per lanterne, giudicando la globalizzazione il trionfo delle masse
popolari con altri mezzi (rispetto alla rivoluzione armata e alla disinformacija).
Contenti loro, arroccati nelle dacie di Capalbio, a discettare di un mondo tutto chiuso nelle
loro teste, non rimane che riflettere sulla figura emergente di Conte Giuseppe, che da
damerino impomatato dai gesti sempre improntati a cortesia e gentilezza, si erge a custode
delle istanze del Clero Cattolico, cercando una mediazione tra populismi, popolarismi ed
elites, con l’avallo delle gerarchie Eclesiastiche piu’ nascoste e che sempre hanno mosso
gli interessi del nostro paese, al di fuori del ruolo di vassallaggio che ci compete per
inclinazione storica.

Alle radici del libertarismo: Andrea Caffi su Marx e Proudhon

Di Fernando Giannini

La constatazione che di socialismi ce ne sono stati tanti e`scontata.
Interessa pero` la infinita differenza fra le due matrici fondamentali del socialismo. Differenza che portera` a risultati opposti: da una parte il socialismo autoritario
 e dall`altra il socialismo libertario, due forme di incontrare la realta` e dare risposte
inconciliabili tra loro.
Marx si fa intravedere molto bene nel suo modello autoritario quando attacca Proudhon. Facendosi forte delle sue conoscenze in economia politica ebbe gioco facile nel criticare il francese su questi aspetti. Non valutava che il pensiero di Proudhon partiva da basi opposte nelle sue coordinate.
Marx non riusci` cosi` a cogliere il senso del socialismo umanitario del francese. Il tedesco era quanto mai preso con diversi suoi contemporanei da un bisogno di superare una visione mitologica della storia cercando un`organizzazione razionale dell`osservazione e delle sue conseguenze. Si cercava febbrilmente di riportare il prodigioso, la superstizione, il miracolismo nei limiti del reale, del palpabile, dell`abituale.
Era una strada che gia` il nichilismo russo aveva percorso negli anni 30 (Nadezdin, Katkov), negando qualsiasi cosa non fosse reale quando sottoposta al vaglio della razionalita` scientifica. Niente di nuovo sotto il sole ma con Marx le cose cambiano. La sua e` urgenza di rendere scientifico un materiale umano, sociale di osservazione per dare basi solide, matematiche in un certo senso alle sue teorie.
Qui Caffi e` illuminante con le sue parole: “La scienza puo` analizzare all`infinito la nostra esperienza dell`essere sociale e del divenire storico in atto o passato. Il problema di una compenetrazione sintetica che sia comprensione assoluta esce dal terreno della scienza e l`intelligenza non vi accede che per folgorazioni momentanee nell ispirazione artistica, nel simbolismo mitologico…”
Lo stesso Proudhon si considerava scientifico nelle sue osservazioni e categorizzazioni come tutti coloro che appartenevano alle scuole socialiste, ma qui torna Caffi a chiarire le differenze:” Il marxismo vorrebbe che si accettasse come scientificamente indiscutibile non solo un insieme di fatti verificati, ma tutta una veduta d`insieme del destino del genere umano dall`ascia neolitica alla macchina a vapore e da questa alla bomba atomica”.
Continua Caffi: “ si dice che nella ricerca scientifica un solo fatto osservato basta a mettere in forse una teoria. La strana presunzione propria del marxismo e` che tutti i fatti che gli storici potranno scoprire dovranno confermare lo schema stabilito nella prefazione alla Critica dell`economia politica, a condizione che li si consideri secondo il metodo del materialismo dialettico”.
Considerando che il socialismo, checche` Marx volesse imporre, rappresenta piuttosto un corpo di idee ed una espressione sociale, e non una scienza in sviluppo vorrei riprendere da E. Durkheim:”il socialismo non e` una scienza, una sociologia in miniatura, e` un grido di dolore ed a volte di collera degli uomini che sentono piu` vivamente il nostro male collettivo”.
Per concludere riporto alcuni passi di scritti caffiani che chiariscono al contempo tanto il pensiero del nostro quanto le basi operative di una societa` organizzata in forma libertaria.
Il seguente scritto e` ripreso da “Societa` e Gerarchia” 1945:
“1. Ogni istituzione sociale ha come unica ragion d`essere quella di assicurare la felicita` dell`uomo cosciente della propria individualita`.
2.La felicita` dell`essere umano, per precarie che ne siano le possibilita` trattandosi di un organismo perituro e di un`intelligenza la cui sete di conoscenza non puo` per definizione essere mai soddisfatta, consiste nello sviluppo quanto piu` completo
possibile di tutte le facolta` del corpo e dello spirito e nel
raggiungimento di una coerenza sostenuta e giustificata dalla ragione negli atti e
nei pensieri che formano il corso di una vita. Tale sviluppo e tale coerenza non sono possibili che attraverso l`integrazione della persona in una comunita`.
3.La liberta` della persona e` limitata dagli impegni che si suppongono liberamente contratti per il fatto stesso di aderire ad una comunita`.
Tali impegni comportano da un canto una condotta nella quale sentimenti e passioni siano nella misura del possibile sottoposti al controllo della ragione, dall`altro che si accetti piena responsabilita` per il benessere di tutte le persone con le quali si e` liberamente associato e per il mantenimento della giustizia nei rapporti sociali. Ogni membro della comunita`
sociale libera del tipo che sto qui immaginando e`personalmente responsabile
 di ogni negligenza o mancanza di solidarieta che si verifichi nella
comunita`. La solidarieta` dei membri e` d`altra parte fondata e sostenuta sulla reciprocita` spontanea dei rapporti di aiuto reciproco, di reciproca educazione e di messa in comune delle esperienze acquisite.
4. La realizzazione di una tale comunita` si identifica con la realizzazione delle norme della giustizia: e` quindi un ideale che richiede di essere continuamente nutrito dalla pratica. La giustizia implica l`eguaglianza assoluta delle persone unite in societa`. L`eguaglianza e` indispensabile perche` i rapporti fra gli individui rimangano spontanei e perche` ogni persona possa avere piena coscienza della propria liberta`, responsabilita` e dignita`, senza cui la nozione stessa di felicita` umana perderebbe di significato.
5. La giustizia non puo` assicurare la felicita` dell`uomo che se e` applicata in maniera assoluta. Cio`implica in primo luogo che i rapporti di comunita` fra eguali devono estendersi a tutti gli uomini, senza mai ammettere alcuna idea di superiorita` o inferiorita` ne` fra persone ne` fra gruppi.In secondo luogo cio` esige che quando la debolezza di un individuo a causa della sua eta`, della sua infermita` o della sua ignoranza, rende necessaria una tutela protettiva o educatrice da parte della comunita`, tale sorveglianza
ed assistenza dovranno esercitarsi in modo da rispettare l`autonomia sovrana della persona, evitando ogni sopraffazione e violenza contro il suo essere intimo. La giustizia inoltre implica che la persona non e`soggetta al giudizio dei suoi simili.
Nessuna nozione di bene o di male anche se consacrata dal consenso unanime degli altri, puo` essere imposta ad una coscienza umana senza il suo consenso.
Nel caso di legittima difesa o di forza maggiore in cui la comunita` si vede costretta a eliminare o ridurre all`impotenza uno dei suoi membri, si tratta di una
misura pratica senza alcun valore morale, la quale deve quindi essere accompagnata da ogni sorta di precauzioni e garanzie”.
Anche da questo decalogo emerge chiaramente come
-il libertarismo sia profondamente incardinato nei concetti di liberta` e responsabilita` individuale. E`esso un processo di maturazione continuo dell`individuo che compone le comunita`. Parte dal basso ed abbisogna inderogabilmente di un percorso emancipativo personale, difficilmente pensabile in forme istituzionali ma piuttosto attraverso il confronto. Da questo deriva la grande attenzione che i libertari hanno sempre posto sul processo educativo libertario ed il contrasto che hanno posto a modelli sociali decisi e calati dall`alto.
-mentre la sinistra di matrice marxista, li`dove ha preso il potere in forma assolutistica ha privilegiato il modello blandamente partecipativo, potremmo dire ipocritamente partecipativo, in quanto unica forma di assimilazione possibile dell’individuo al modello autoritario.

Sinistra libertaria, questa sconosciuta.

 

Di Fernando Giannini

E’ lecito chiedersi quanto il tracollo della sinistra, a cui stiamo assistendo ormai da tempo, sia legato a personaggi discutibili o effimeri che l’ hanno guidata o piuttosto non abbia una radice molto più profonda, che ci riporta ad una storia antica da riconsiderare.
Si è fin troppo sottovalutata nei paesi occidentali la matrice autoritaria che essa ha avuto, sottovalutazione legata ad una diluizione dei principi del marxismo in un “bagno” democratico proprio dei paesi europei del dopoguerra.
Lo stesso Marx definiva il suo socialismo “autoritario”, data la propria tendenza a privilegiare i risultati nel campo della giustizia sociale a tutti i costi, anche senza il rispetto delle libertà civili. Queste ultime potevano, secondo il nostro, essere temporaneamente messe da parte per ottenere gli altri obiettivi. Sul “temporanemente” sappiamo la storia come è poi andata, nei paesi del socialismo reale.
E’ il concetto del fine che giustifica i mezzi, che la dottrina marxista ha fatto proprio all’interno di un pragmatismo d’azione, che ha permesso  l’abolizione dei più basilari diritti umani in quei paesi.
E’ questo uno degli aspetti su cui si fonda l’enorme differenza fra la sinistra autoritaria (marxista) e la sinistra libertaria. Albert Camus, molto vicino agli ambienti anarchici parigini nonchè collaboratore di riviste d’area, aveva trovato il modo di esprimere la contraddizione di fondo dell’autoritarismo marxista: come può un uomo dire di essere trattato con giustizia (quindi sociale, economica) se allo stesso tempo egli è trattato da schiavo, senza alcuna delle libertà fondanti una società giusta.
La storia a quel bivio prese a destra invece che a sinistra, considerando che il socialismo premarxista aveva sempre avuto nel suo dna il rispetto delle libertà. L’ immagine che si dava quest’ultimo era quella di un binario che aveva da una parte l’affermazione della giustizia sociale e dall’altra sempre il rispetto delle libertà civili.

Con Marx la storia purtroppo prese a destra, se consideriamo che quello che ha sempre unito proprio le destre è stato  l’autoritarismo. Potremmo dire che la dottrina marxista mise la cappa a tutto il pensiero di sinistra del tempo, rimanendone fuori solo i movimenti antiautoritari che si raccoglievano in linea di massima all’interno della tradizione anarchica, tutt’altro che omogenea.
La ragione forse più plausibile di questo successo del marxismo nei secoli è quella di fornire una visione organica, molto discutibile, ma che si presentava con un certo fascino. Marx sociologo nella prima parte de Il Capitale guadagnava molti consensi nei lettori. Emozionava e commuoveva leggere le condizioni di lavoro a cui erano sottoposti gli operai, compresi donne e bambini. E questa parte di analisi sociale insieme ai meccanismi economici che stavano alla base della società del tempo veniva riconosciuta nel suo valore anche dallo stesso Bakunin che del Marx era acerrimo avversario politico.
Lo scontro dei due era invece sul fronte dell’autoritarismo, il russo prevedendo il pericolo di una società senza libertà in cui un esercito di burocrati avrebbe “tritato” quel popolo che doveva invece riabilitarsi.
La storia gli ha dato ragione. I paesi occidentali che vivevano questa contraddizione hanno pensato bene di nascondere la stessa. Fecero eccezione  un ramo cospicuo dei laburisti nord europei che ebbero il coraggio di criticare costruttivamente Marx e le sue dottrine.
Dobbiamo invece ricordare il comportamento di Togliatti, braccio destro di Stalin proprio in quegli anni ’30, quando Stalin macellava letteralmente il suo stesso popolo, compresi i capi della rivoluzione d’ottobre. Togliatti quel massacro preferì nasconderlo alla sua base, non accettando mai l’iniziativa di Chruscev di far luce su quello sterminio del popolo russo.
Come veniva fatto presente a Marx dall’ala antiautoritaria del suo tempo, quello che doveva avvenire accadde. La storia si ripete in Cina, nei paesi dell’est europa, nel sud est asiatico, in qualche isola caraibica molto amata.. La Corea del nord ha fatto un percorso analogo, anch’essa guidata da un capo affetto dalla sindrome di Hubris.  Le stime al ribasso parlano di circa 110 milioni di morti  a seguito della presa del potere da parte dei comunisti di matrice marxista.
Gli unici casi della storia dove l’antiautoritarismo (nella forma del comunismo anarchico) semprechè rivoluzionario poteva dimostrare la differenza, tali casi furono soppressi per mano dei comunisti di matrice marxista.
Il primo esempio, e di storia ormai riconosciuta si tratta e non di propaganda, fu quello di Kronstadt, poi quello dell’Ucraina di Mackno, e da ultimo il caso della Catalogna durante la querra di Spagna.
In questi casi il socialismo libertario e l’anarchismo fondavano la propria realizzazione, senza se e senza ma,  sulla condivisione, sulla autogestione e sul rispetto delle libertà del singolo individuo, fermo restando gli aspetti dell’egualitarismo e giustizia sociale.
La soppressione di queste esperienze di libertà, quanto meno di tentativi di ridisegnare una società giusta e libera, avvenne per mano dei comunisti di matrice marxista.
Anche la Catalogna insegna come ciò che minò alla base quell’esperienza durante la rivoluzione spagnola fu la guerra aperta che i comunisti fecero ai libertari, dove persero la vita anche fior di intelletuali, fra cui l’italiano Camillo Berneri.
Ai nostri ben più miseri giorni, per lo meno dal punto di vista delle idee, rimangono i tristi relitti di una sinistra che nella storia tale non è mai stata, e che per la sua incapacità di rivedere con coraggio, quando ancora si era in tempo, la sua radice malata oggi paga il suo completo disseccamento.
Conforta vedere come nel mondo giovanile ci sia stata una certa riscoperta della sinistra libertaria. E’ utile dare sostanza a queste simpatie, perchè non rimangano fatue. Partendo dalla lettura di alcuni “classici” .
Nel gruppo di lettura GL quattro anni fa riproponemmo la lettura di un testo, poco conosciuto ai più, ma denso e ricco di spunti in tal senso: “Socialismo senza Marx” di Francesco Saverio Merlino.
Avevamo già letto di Ward, Camus, Kropotkin, Nicola Chiaromonte e Andrea Caffi. Lo stesso Capitini rientra in questa antica tradizione considerando anche la sua collaborazione con la rivista Volonta’. Leggemmo stralci da “Il potere di tutti”.