Di Fernando Giannini.
Oggi una giornata di campagna. Mi sono dedicato ai marginali. Sono questi degli alberi un po’ speciali. Racchiudono in se’ l ‘assenza di una volontà umana, nessuno li ha voluti, ma anche la forza di resistere al peggio, che in campagna vuol dire siccità, gelate e malattie; ma oltre questo portano nel loro essere la vita che avviene nel terreno limitrofo, di cui risentono costantemente. Se il vicino ara molto e tu invece no, la tua pianta andrà con le radici e i rami verso quella direzione. E regalerà i suoi frutti di la dal muretto di pietre. Lo stesso vale per l acqua.
C é in questi alberi una stanca assenza che poi è proprio ciò che li rende affascinanti ed in alcuni casi struggenti. Questo dipenderà anche dal tipo di albero. Quelli eleganti, ieratici armoniosi nella fronda, si vestiranno poco di quella marginalità. Quelli che rendono più il senso di essa sono i poveri mandorli o i perastri o le ficare o i melograni o i sorbi o le giuggiole. Ti dicono di abbandonarti alla vita ma di resistere, ti insegnano ad adattarti ma anche ad assorbire da ciò che ti è vicino. E proprio in questo abbandonarsi vivo, in questa passività mediocre e senza pretese di aiuto, ti donano attraverso il frutto la loro dolcezza rustica. Sono come dei barboni o dei vecchi dimenticati da tutti che ti offrono inaspettatamente un viatico per esistere fatto di poche frasi e di sguardi fissi sull orizzonte.